5 speakers per I5 minuti ciascuno

 

Paola Iaccarino Idelson

Un respiro alla volta, un passo alla volta, un boccone alla volta

Uno dei primi ricordi di Paola è a 2-3 anni in braccio a sua madre, la sera a cena, attorno al tavolo.  Ascoltava e osservava tutto quello che dicevano i grandi, fratelli, genitori e i loro amici, senza perdersi neanche un respiro, una barzelletta, un boccone. La sua maestra delle elementari la chiamava “prezzemolino in ogni minestra”, perché doveva sempre partecipare, osservare, ascoltare, esserci. Sua madre la lasciava mangiare quanto e come voleva. E lei spesso non voleva, senza che questo rappresentasse un problema.  Sua madre non amava cucinare, per lei il cibo era qualcosa che si doveva mangiare per sopravvivere. Poi l’arrivo in casa di una prozia le ha fatto scoprire i veri pranzi preparati con amore e semplicità. Grazie a questi due modelli così diversi Paola ha sviluppato la sua relazione con il cibo, mediamente equilibrata, ma soprattutto fatta di essenzialità, cogliendo l’intimità di questa relazione. Probabilmente è per questo che dall’età di 14 anni ha sempre desiderato occuparsi di alimentazione, della sua parte più essenziale. A quell’epoca pensava che questo significasse lavorare per la sopravvivenza dei bambini che muoiono perché non hanno abbastanza da mangiare, anche perché nutrirsi è il modo primordiale per esserci: mangio dunque sono! Da lì ha inizio il suo articolato percorso alla ricerca di una formazione in grado di darle quello che cercava. Dopo la laurea in Scienza biologiche, perché gli alimenti sono fatti di molecole e la chimica è parte fondamentale di questa scienza, scopre che quello che la interessa maggiormente sono le relazioni, le persone e quindi parteper Londra dove consegue un Master in Antropologia culturale con una tesi sull’agricoltura urbana come mezzo di sostentamento in Costa d’Avorio. Alterna da sempre periodi di lavoro a periodi di studio, che non è mai finito. Ha lavorato all’università, prima come antropologa dell’alimentazione, poi come nutrizionista, essendosi nel frattempo specializzata in Scienza dell’Alimentazione alla facoltà di Medicina e Chirurgia. Adora la clinica, perché, come si è capito, le piacciono le relazioni umane, ma ama anche progettare interventi di salute pubblica, perché crede fermamente negli interventi di comunità. Ha avuto la fortuna di lavorare sia in pediatria, occupandosi dell’ambulatorio di obesità infantile,sia al dipartimento di sanità pubblica dove, tra l’altro, haconcluso il Dottorato in Scienza dell’alimentazione e della nutrizione. Non ama particolarmente scrivere ma capendone l’importanza si è impegnata a pubblicare almeno un articolo scientifico dopo ogni di ciclo di studi o di periodo lavorativo. Ama insegnare, invece, perché e bello pensare che tutto quello che si studia possa servire ad altri. Quando viene invitata a fare docenze a master universitari, o a corsi di perfezionamento,uno dei suoi maggiori obbiettivi e di far capire ai futuri nutrizionisti le valenze culturali, psicologiche e politiche del cibo; nei convegni di pediatri le interessa rendere visibile la valenza educativa del cibo e ai corsi di formazione per psicologi ricorda che il cibo ha anche una essenziale valenza nutritiva. Quello che le piace di più è trovare la maniera di trasmettere la complessità di tutto ciò! Per questo ha fondato, insieme a una cuoca, Marina Mosca, il Centro di Alimentazione Consapevole, il cui scopo principale è quello di gettare semi di consapevolezza riguardo a quello che mangiamo, all’impatto ambientale, etico, politico di quello che scegliamo di mangiare, quanto possiamo essere partecipanti attivi e come riuscire a star bene in salute attraverso le nostre scelte alimentari. Questo lungo percorso ha trovato la sintesi nella formazione in Mindful Eating (alimentazione consapevole, appunto), che le ha dato la possibilità di mettere assieme quello fin qui raccontato con l’altro aspetto della sua formazione e della sua vita: la passione per l’esperienza del corpo in tutte le sue forme, dal respiro, alla danza. Ama tutte le forme di ballo, che periodicamente pratica: sentire il corpo che si muove, preferibilmente a suon di musica, senza soffermarsi troppo su nessuna danza in particolare, perché troppo curiosa e perché in ogni forma di ballo e di movimento scopre nuove sensazioni da sperimentare e assaporare. E’ passata dallo yoga (la costante della sua vita) alla danza del ventre, allo swing, ma ha fatto anche molto nuoto e corsa. Haricavatopiacere perfino dalle camminate sul tapis roulant, che ha usato come forma di meditazione. Negli anni ha imparato che la meditazione è un’esperienza molto corporea e come tale la utilizza. Per questo haseguito un corso di counselling a indirizzo psico-corporeo secondo il sistema Rio Abierto, che utilizza il movimento con la musica, il massaggio e la meditazione come strumenti di cura. D’altronde, anche l’alimentazione è un’esperienza del corpo. E così il cerchio si chiude. Per ora.

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